Giorgio Ambrosoli nacque in una famiglia borghese di Milano il 17 ottobre 1933.
Frequentò la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano e conseguì la laurea nel 1958 con una tesi in diritto costituzionale sul Consiglio Superiore della Magistratura; dopo l’esame da procuratore, diede inizio all’attività professionale presso lo studio dell’avvocato Cetti Serbelloni.
Nel 1964, dopo alcuni anni di attività, volle specializzarsi nel settore fallimentare delle liquidazioni coatte amministrative e fu pertanto chiamato a collaborare con i commissari liquidatori della Società Finanziaria Italiana.
Nel settembre 1974, dopo che la Banca Privata Italiana era stata guidata sull’orlo del crack finanziario dal banchiere siciliano Michele Sindona, sull’attività del quale erano nati sposetti a partire dal 1971, Ambrosoli venne nominato commissario liquidatore, al fine di esaminarne la situazione economica. Da subito emersero le articolatissime trame delle operazioni che Sindona aveva intessuto con la massoneria, l’alta finanza, la politica e la criminalità organizzata siciliana. Ambrosoli, nonostante i rischi a cui si stava esponendo, persistette nella sua indagine e, in particolare, svelò solo le gravi irregolarità e le fatture false della banca, ma anche i tradimenti e le connivenze di ufficiali pubblici con il mondo opaco della finanza di Sindona. Ambrosoli visse sotto gravissime pressioni e tentativi di corruzione: lo Stato Italiano, infatti, per mezzo della Banca d’Italia avrebbe potuto sanare gli ingenti scoperti dell’istituto di credito; in questo caso, Sindona avrebbe evitato qualsiasi coinvolgimento penale e civile. Ambrosoli, però, non si fece corrompere e questo comportò grossi rischi e molte minacce esplicite di morte. Lo Stato non gli garantì nessuna protezione, nonostante la lealtà dimostrata e le denunce.
L’11 luglio 1979, la sera prima di consegnare la relazione finale sull’operato di Sindona, Ambrosoli fu avvicinato sotto il portone di casa da uno sconosciuto: era un sicario legato alla mafia statunitense, che lo uccise con quattro colpi di pistola.