Giuseppe Fava, nato in provincia di Siracusa il 15 Settembre 1925, fu scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e sceneggiatore italiano, ucciso da Cosa nostra.
Alle ore 21:30 del 5 gennaio 1984, Giuseppe Fava si trovava in via dello Stadio a Catania e stava andando a prendere la nipote che recitava al teatro Verga. Aveva appena lasciato la redazione del suo giornale ,I Siciliani, e non ebbe nemmeno il tempo di scendere dalla sua Renault 5 prima di essere colpito da cinque proiettili calibro 7,65 alla nuca. Inizialmente, l’omicidio fu etichettato come delitto passionale, sia dalla stampa sia dalla polizia. Si disse che la pistola utilizzata non era tra quelle solitamente usate dalla mafia. Si iniziò anche a cercare tra le carte de I Siciliani, in cerca di prove: un’altra ipotesi era il movente economico, per le difficoltà in cui versava la rivista.
Anche le istituzioni, in primis il sindaco Angelo Munzone, accolsero questa tesi, tanto da evitare l’organizzazione di una cerimonia pubblica con la presenza delle cariche cittadine. Il sindaco ribadì che la mafia a Catania non esisteva.
L’onorevole Nino Drago chiese una chiusura rapida delle indagini perché sosteneva che altrimenti i cavalieri del lavoro di Catania avrebbero potuto decidere di trasferire le loro fabbriche al nord.
Al contrario, il commissario Emanuele De Francesco, confermò che la mafia era arrivata a Catania con certezza, e il questore Agostino Conigliaro, sostenne la pista del delitto di mafia.
Il funerale si tenne nella piccola chiesa di Santa Maria della Guardia e poche persone diedero l’ultimo saluto al giornalista: furono soprattutto giovani e operai ad accompagnare la bara. Una seconda cerimonia funebre, con il feretro e grande partecipazione del popolo e delle locali autorità, venne celebrata presso la Basilica di San Paolo nel paese natale, dove venne infine seppellito nella cappella di famiglia nel locale cimitero monumentale.
Le indagini ripresero a pieno ritmo solo nel 1993, a seguito delle accuse del collaboratore di giustizia Claudio Severino Samperi, che arrivarono a 156 arresti contro il clan Santapaola denominato “Orsa Maggiore” e consentirono di incriminare Nitto Santapaola e il nipote Aldo Ercolano rispettivamente come mandante ed esecutore materiale dell’omicidio Fava. L’anno successivo si aggiunsero anche le dichiarazioni di Maurizio Avola, il quale si autoaccusò di aver avuto un ruolo operativo nel delitto e indicò i nomi degli altri assassini. Nel 1998 si concluse a Catania il processo denominato “Orsa Maggiore 3” dove, per l’omicidio di Giuseppe Fava, furono condannati all’ergastolo il boss mafioso Nitto Santapaola, ritenuto il mandante, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori, e Aldo Ercolano come esecutore assieme a Maurizio Avola.