Lea Garofalo nacque a Petilia Policastro il 24 aprile 1974 e aveva 35 anni quando, il 24 novembre 2009, fu trucidata e bruciata in un agguato organizzato dal suo ex compagno, il boss della ‘ndrangheta Carlo Cosco.
Viene considerata una testimone di giustizia, “la fimmina calabrese”, sottoposta a protezione dal 2002 perché decise di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia mafiosa e quella del suo ex compagno.
Dopo un’infanzia passata nel terrore di agguati e vendette, a quattordici anni la piccola Lea si innamorò di un ragazzo di diciassette, Carlo Cosco, leva della ‘ndrangheta che vedeva in Lea un trampolino di lancio negli affari della famiglia Garofalo.
Il ragazzo desiderava infatti scalare la gerarchia mafiosa e diventare un boss, motivo per cui venne mandato a gestire il traffico di droga a Milano.
La giovane Lea, innamorata e testarda, che non aveva compreso le intenzioni reali di Carlo, decise di seguirlo a Milano, dove andarono a vivere in via Montebello.
Nel 1991 in piena adolescenza, Lea diede alla luce Denise, vivendo al fianco di un camorrista.
Ben presto la donna capì i limiti, i rischi e i pericoli della vita che stava vivendo, nella paura quotidiana, rinunciando agli affetti e alla gioia di crescere una figlia in libertà. Comprese allora che quello non era il futuro che voleva per sua figlia, e durante una visita al compagno in carcere, gli comunicò l’intenzione di andarsene da casa. Carlo reagì bruscamente, aggredendola.
Furono anni di grande solitudine e sacrifici per lei e Denise, passati a chiedere rifugio come due clandestine, ridotte a guardarsi le spalle ovunque andassero. Lea comprese che per avere un futuro avrebbe dovuto collaborare con la giustizia. Dopo lunghi e interminabili interrogatori in caserma, nel 2002 iniziò a peregrinare senza sosta tra un alloggio e l’altro, sotto falso nome, senza amici né sostegno, per dare le massime informazioni.
Le venne concessa una protezione dallo Stato ma, nel 2007 le fu tolta perché la sua collaborazione fu ritenuta ‘non significativa’.
Carlo pregò Lea di tornare a Milano per parlare del futuro di Denise e purtroppo fu proprio durante quell’incontro che perse la vita, picchiata e strangolata. Poi, con la complicità di altre tre persone, il suo corpo fu torturato, dato alle fiamme e sciolto nell’acido. Quel che ne restava fu nascosto in vari tombini.
E’ doveroso ricordare Lea Garofalo ogni anno il 21 marzo, ricorrenza in cui Libera celebra la Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia.